Islanda, la soluzione al debito pubblico in Europa



Una banca non consiglierà mai strategie di crescita senza debito


di Davide Battista

 

Una banca non consiglierà mai strategie di crescita senza debito. Dagli anni novanta, gli Stati europei, consigliati da funzionari e dirigenti bancari, hanno adottato una politica economica incentrata sulla diffusione del debito, attraverso la vendita di nuovi immobili. La strategia, apparentemente semplice, prevedeva nuove costruzioni da vendersi con mutuo in modo da consentire il pignoramento il più velocemente e in numero più alto possibile e tenere così strutturalmente insoddisfatta la domanda abitativa. A questo scopo, sono state implementate le soluzioni di sostegno più diverse. Sono state adottate su larga scala politiche del lavoro precario, soluzioni urbanistiche destinate all’abitabilità di breve periodo, forme di aggiottaggio (sottrazione al mercato) delle cubature preesistenti, sviluppo della conflittualità sociale, accentramento dell’informazione, delle amministrazioni locali e così via.

Questa soluzione, si pensava, avrebbe permesso di rinnovare il ciclo con nuove abitazioni, nuovi mutui, nuove espropriazioni e ancora nuove costruzioni, pressochè all’infinito. I capitali delle grandi aziende e degli Stati, convertiti massicciamente in immobili, sarebbero in questo modo cresciuti di valore, migliorando i rating sui mercati finanziari ed attirando nuovi prestiti e nuovi capitali. L’aumento fuori controllo della cementificazione, dei senzatetto o degli indigenti erano semplicemente considerati un trascurabile effetto collaterale, il prezzo naturale dello sviluppo, tuttalpiù da nascondere o da allontanare il più possibile nel tempo, se non addirittura una opportunità di guadagno (con l'aumento della precarietà sociale, della conflittualità, aumenta la domanda di prodotti assicurativi, di immobili e, quindi, di mutui...). 

In pratica il valore degli immobili non aumentava per effetto dell’aumento della domanda reale, ma per effetto della sottrazione agli scambi delle case esistenti su larga scala, di incentivi illimitati per quantità e forme al settore dell’edilizia, di una incessante propaganda e dell’imposizione di acquisti di immobili a qualunque persona o azienda, a qualunque titolo. Da ultimo, ad es., il mutuo immobiliare è stato persino inserito come requisito legale per gli immigrati al fine di ricevere la cittadinanza di alcuni Stati (Italia).

In questo modo, però, l’altro effetto indesiderato era quello di produrre titoli di credito (a cominciare dalla stessa moneta) garantiti da immobili il cui valore reale diventava sempre più inconsistente non poggiando su un’aumento reale della domanda, ma soltanto su soluzioni coercitive o contabili, più o meno legali, di ogni tipo. La soluzione fu subito suggerita dai soliti consiglieri bancari: questi titoli di credito “inconsistenti” si sarebbero ben potuti strutturare ed occultare all’interno di contratti finanziari da distribuire in tutte le casse mondiali, ricorrendo alle tecniche di ingegneria finanziaria e allo sviluppo dei più fantasiosi strumenti d’investimento. Niente di più facile d’altra parte, dal momento che lo stesso consigliere assisteva anche gli investitori. Un esempio classico di compratore e venditore con lo stesso consigliere e dallo stesso consigliere entrambi raggirati. I cosidetti “subprime”, sono stati inseriti ovunque e sotto qualunque forma: obbligazioni di Stato, obbligazioni bancarie, strumenti derivati, casse previdenziali, fondi assicurativi, hedge fund, sovereign wealth fund, ecc. Si sono salvati in parte solo i migliori fondi d’investimento grazie alla loro trasparenza, ma in qualunque altra parte la visione risultava meno cristallina il debito nascosto è prolificato fuori controllo. Si stima che attualmente l’intera liquidità mondiale non sarebbe sufficiente a pagare i titoli tossici in circolazione e per svariate volte. Nel 2008 la bolla è scoppiata, ma le prassi sono rimaste le stesse. Le banche hanno continuato a consigliare governi, parlamenti e autorità, aziende e individui, hanno continuato a promuovere nuovo debito, nuovi immobili e la situazione ha continuato ad aggravarsi. I prezzi immobiliari non hanno ripreso a salire all’infinito, i capitali mondiali non hanno ripreso a crescere senza limiti, le economie europee non hanno smesso di accumulare inconsistenza e gli investitori hanno continuato a fuggire.

Nel frattempo le banche si sono preoccupate di mettere al riparo loro stesse. Potendo ricorrere direttamente al potere legislativo dei parlamenti europei, (da decenni dirigenti bancari, assicuratori e uomini politici coincidono ormai spesso addirittura nelle stesse persone) hanno trasferito i loro debiti, ormai fuori controllo, nei debiti pubblici degli Stati, a volte in modo più trasparente, come in Irlanda, altre volte in forma del tutto oscura, come in Italia. I debiti degli Stati sono esplosi e le economie nazionali sono state trascinate in una spirale di derating e fuga dei capitali che stà tutt’ora allargandosi senza soluzione di continuità.

L’Islanda ha adottato una soluzione diversa: far pagare alle banche responsabili i loro debiti, indicendo un referendum popolare. In questo modo le banche hanno dovuto dichiarare fallimento, ma senza trascinare l’intera nazione con sè. Ha dovuto ammettere anche il Fondo Monetario Internazionale, che il fallimento delle banche ha rivitalizzato l'economia nazionale, in quanto le imprese hanno potuto finalmente accedere al capitale privato e a quello dello Stato, trovando risorse integre per riorganizzarsi e ripartire. Gli investitori mondiali hanno smesso di acquistare titoli di Stato in modo indifferenziato e hanno preferito le emissioni Islandesi rispetto alle altre, proprio per la ritrovata qualità dei fondamenti dell'economia. Come affermato dal premio Nobel per l’economia, Paul Krugman - e approvo! - punire la popolazione per salvare banchieri incapaci è persino peggiore di un crimine; è un errore.*

 *Cfr.: Paul Krugman, "Eating the Irish", The New York Times, November 25, 2010







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